LA SERIETA' E' DEI FESSI?
[ a. ]
Questa colonna è un piccolo paradosso, perché vuole parlare
di una cosa seria (e cosa c’è di più serio della serietà?) tramite un mezzo -
il computer connesso a internet - che sembra fatto apposta per ammazzare ogni
buon proposito. Per salvarsela bisogna essere intrepidi.
Cosa c’entra la serietà con un blog-zine di musica hardcore? La domanda è
legittima, ma farne subito un’altra può metterci sulla buona strada: cosa
c’entra l’hc con le feste, la marijuana, il body building, i salti sul carro
vincente e le maglie degli Husker Du dei quindicenni Fine Before You Came? In
quattro parole: cosa c’entra l’hardcore con l’intrattenimento? Provando a
delimitare il campo dell’intrattenimento la prima cosa a cui penso è proprio
una sospensione della serietà (parlo però di una serietà seria, diversa da
quella da “gioco di ruolo globale” che guarda Zeitgeist e va in piazza con
Grillo), a voi convince? Ok, fino ad ora siamo rimasti in superficie, ma per
andare in profondità devo essere serio anch’io. Un bel respiro…
Il problema che ci riguarda - parere personale - mi sembra
parta da un po’ più lontano, ed ha a che fare proprio con uno dei capisaldi
dell’hc-pensiero: il nichilismo/relativismo. Le generazioni nuove (quindi anche
la mia) hanno digerito davvero bene il nichilismo già ingoiato da quelle precedenti.
Così bene che, se prima la mancanza di riferimenti certi era una condizione concreta
che si respirava tutti i giorni, ora è data come punto di partenza e dato
acquisito; la morte di dio si è trasformata da affermazione del relativismo
come libertà, nel branco dei topi che, andato via il gatto, ballano contenti
all’ultimo dj set. La verità come prospettiva e non come dogma si è rovesciata
nella affermazione che ogni verità è vera, che hanno tutti ragione, quindi che
in definitiva l’esistente, che vede disperse tutte le forze che avanzavano la
pretesa di cambiarlo, va bene così com’è. Il motto di questo nuovo nichilismo
gaio è che tanto il mondo è brutto, quindi meglio divertirsi. Meglio parlare sempre
di cazzate, che le cose importanti stancano. Non affaticatevi troppo, tanto la
gente è tutta uguale, i politici sono tutti uguali, le teste sono tutte uguali
e così via, in circolo, all’infinito. Ma non è finita: per quanto leggerini e farfalloni,
i nuovi nichilisti “all’amatriciana” hanno pure loro dei meccanismi adattivi:
perché se si vogliono mantenere le cose come sono bisogna anche allontanare chi
vuole che cambino; le parole diventano sassi: presunzione, intellettualismo, snobismo,
radical-chicchismo, sessantottismo, chi più ne ha più ne metta. Ogni discorso
con pretesa non tanto di verità, quanto di serietà viene lapidato senza
misericordia. Ogni parlante che azzarda un ragionamento senza cerchi né botti
viene “sparato”, ripresentandoci davanti agli occhi la caricatura crudele di
quel momento storico in cui le parole “cultura” e “revolver” erano messe,
diciamo, in stretta relazione. La violenza moderata di questi smaliziati uomini
di mondo, ben impiantata sulle basi del pensiero liberale, ha i suoi argomenti
nella critica di ogni fondamentalismo (fondamentalismo hardcore, ricorda
qualcosa?), e si fa scudo di una tolleranza che non sfocia mai nell’accettazione,
un integralismo anche il loro, ma bianco, che ti sente senza ascoltarti e che
ti dà le pacche senza esserti amico. Questa reazione è però ben lungi
dall’essere ingiustificata.
Perché il circolo, con un piccolo ingrediente, si può rompere. La serietà dei
gesti, delle parole, delle posizioni mette in crisi il relativismo in cui tutto
deve essere zero per dare sempre zero, e basta una unità per fargli sballare i
calcoli. Non è battaglia da combattersi frontalmente questa, non si può
combattere il nulla. La vera battaglia, sembra banale, comincia quando ci si
alza dal letto, e non riguarda altro che i nostri atteggiamenti di fronte alle
persone e alle cose. Ha a che fare con la fermezza, con la non-assimilazione,
con la rivendicazione dei propri gesti e la demarcazione precisa di ciò che si
pensa giusto o sbagliato. Così, alla tendenza anch’essa liberale del gentlemen’s agreement, del compromesso
più o meno storico e della convergenza più o meno parallela, ci si potrà
prendere la libertà, e forse anche la soddisfazione, di sentirsi chiamare
“irragionevoli”, “manichei, “talebani”.
Se vi sembra una brutta cosa, non preoccupatevi, ci si abitua. Ma di fronte a
qualcosa che si spezza e non si piega, chi è abituato a piegarsi lo dovrà fare
ancora una volta. Dalla parte giusta.